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Come dire al tuo capo che ha fatto una grossa sciocchezza?

Davide e Betsabea
Davide e Betsabea - disegno di Giò

A volte è difficile dire al tuo capo che ha fatto una grossa sciocchezza. Il problema vero è che, se l’ha fatta, lui non lo sa che è una grossa sciocchezza.

O non se lo vuole dire.

In questi casi una storia è sempre d’aiuto.

Prendiamo il Re Davide, per esempio. E partiamo dalla sciocchezza.

Un giorno, mentre i suoi uomini sono in guerra, lui si accorge di una bella ragazza, se la fa portare in casa, giace con lei, e la ragazza, la donna, resta incinta. Lei, che si chiama Betsabea, glielo fa sapere, così che Davide, lì per lì, fa richiamare il marito Uria dal campo di battaglia, lo invita a passare la notte a casa con la moglie, e pensa in questo modo di risolvere il problema.

Ma non fa i conti col soldato: uomo tutto d’un pezzo, Urìa decide di dormire fuori, con i servi. Non se la sente di passare la notte con la moglie mentre i suoi uomini sono al fronte.

Davide non si dà per vinto: lo invita a cena e lo fa ubriacare, ma anche ubriaco l’uomo dorme fuori, sempre con i servi.

A questo punto Davide decide di rimandarlo in battaglia, e organizza le cose in modo tale che Urìa sia ucciso.

Problema risolto. (Se vuoi leggere la storia originale puoi prendere una Bibbia: (Samuele 2,11).

Sciocchezza fatta!

Uno che sgrida un altro
Ogni capo ha un altro capo - disegno di Laura

E adesso chi lo dice al Re? Ci pensa il profeta Natan: è il profeta succeduto a Samuele, è il consigliere di Davide. È la voce di Dio. Natan decide di raccontare a Davide una storia: “Il Signore mandò il profeta Natan a Davide e Natan andò da lui e gli disse: «Vi erano due uomini nella stessa città, uno ricco e l’altro povero. Il ricco aveva bestiame minuto e grosso in gran numero; ma il povero non aveva nulla, se non una sola pecorella piccina che egli aveva comprata e allevata; essa gli era cresciuta in casa insieme con i figli, mangiando il pane di lui, bevendo alla sua coppa e dormendo sul suo seno; era per lui come una figlia. Un ospite di passaggio arrivò dall’uomo ricco e questi, risparmiando di prendere dal suo bestiame minuto e grosso, per preparare una vivanda al viaggiatore che era capitato da lui portò via la pecora di quell’uomo povero e ne preparò una vivanda per l’ospite venuto da lui»".

Al sentire queste cose Davide s’arrabbia come una biscia, ed emette la sua sentenza: “Allora l’ira di Davide si scatenò contro quell’uomo e disse a Natan: «Per la vita del Signore, chi ha fatto questo merita la morte. Pagherà quattro volte il valore della pecora, per aver fatto una tal cosa e non aver avuto pietà»”.

A quel punto Natan ha gioco facile: “Tu sei quell’uomo” gli dice, e di qui parte il pentimento di Davide. (Se vuoi la storia per intero: Samuele 2,12).

Perché Natan usa una storia?

Perché? Non lo poteva dire direttamente? Perché Natan usa una storia? Me lo sono chiesto per anni. Qui azzardo la mia risposta: perché se Natan (e va ricordato che Natan, in quanto profeta, parla in nome e per conto di Dio, il principale sponsor di Davide, il Fondatore, il Socio Unico, la Proprietà) avesse cominciato subito con la ramanzina Davide non lo avrebbe ascoltato. Dunque non avrebbe capito.

Se lo scopo fosse stato semplicemente quello di riprendere il Re, sarebbe bastato dirglielo: “Mio Re” avrebbe potuto dire Natan “Sono qui per conto del Tuo Signore” (in realtà questo non c’era bisogno di dirlo, Davide lo sapeva già). “Ti sei comportato male, davvero male. Con tutte le donne che avevi dovevi proprio rubarla a Urìa, un così bravo soldato. Guarda che tipo in gamba che era, rispettoso dei suoi uomini, uno che non ha approfittato della tua benevolenza per passare una bella serata alla faccia dei suoi colleghi, un uomo integerrimo e fedele, uno che è morto per te. E che voleva così bene alla sua Betsabea, che poi era anche l’unica moglie che aveva. No, no, no, Davide, ti sei comportato davvero male!”.

Probabilmente Davide avrebbe rispettato l’autorità, anche se non è detto. Comunque non avrebbe compreso.

Chiuso nelle molte voci del suo desiderio, avrebbe trovato mille modi per tenere in silenzio la voce che gli segnalava il suo errore, e sarebbe rimasto quello di prima. Magari avrebbe subito la punizione, ma non avrebbe compreso. Questo perché sarebbe stato più occupato a difendere le sue ragioni che a capire quelle del profeta.

Con una storia Natan gioca ai fianchi, e Davide, che non sa, non ha idea di quale sia l’intenzione di Natan, ha tutte le difese abbassate. Quando emetterà la sua sentenza (“chi ha fatto questo merita la morte”), e solo allora, sarà pronto a comprendere le ragioni della storia: “Tu sei quell’uomo!”, gli dice Natan. 

A quel punto Davide comprende e si pente.

A quel punto la punizione, che è un atto di clemenza rispetto alla sentenza di Davide, sarà accettata come via di espiazione, sarà compresa.

L’errore non viene cancellato, ma il Re ha capito.

 

Ecco cosa può fare una storia: raccontare a chi non è nella disposizione d’animo più adatta per capire che ha appena fatto una grande sciocchezza.

Anche se è il tuo capo.

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