
Esiste un’estetica Indie
Questa è un’affermazione, ma potrei anche trasformarla in domanda, con un punto interrogativo messo nel posto giusto.
Sono capace di farlo, posso garantirlo.
A volte però mi piace il rischio dell’affermazione.
Ecco il primo punto: ci sono molti modi di raccontare una storia, tutti leciti e legittimi; alcuni più rassicuranti, altri che invece seguono vie meno battute (non nuove, perché di veramente nuovo non ci può essere nulla, o quasi...) e dunque più interessanti.
Dunque
Ho detto dunque, ed è già una presa di posizione.
Il fatto, il fatto vero, è che chi deve parlare a tutti, o al maggior numero possibile, è in qualche modo costretto a livellarsi verso registri il più condivisibili possibile.
È costretto a riferirsi a macrocategorie, a smussare angoli, a evitare errori, a dribblare obiezioni e via dicendo. È costretto, in qualche modo, a essere comunque e sempre carino. Deve passeggiare tranquillo in luoghi che tutti conoscono e descriverli con parole che tutti capiscano.
Perché è rassicurante.
Chi invece ha voglia di uscire dai sentieri più battuti avrà modo di farsi male, di sbagliare strada, di mappare (o rimappare) luoghi che ai più risulteranno impervi, ostici.
E dunque (l’ho riscritto) di scoprire.
Strade possibili
Esiste un modo mainstream di fare le cose: vale nell’arte, nelle aziende, nella comunicazione, nella scuola. È definito da procedure ben testate sul campo, da numeri che misurano punti percentuali di risultato, da consuetudini validate, da passaggi su passaggi che ridefiniscono sfumature sulla base di conoscenze ormai consolidate. Non c’è spazio per il rischio: un risultato, per minimo che sia, deve essere garantito.
Dunque un po’ ci si annoia.
(Uso qui il termine mainstream in una delle sue accezioni possibili, nel senso di "affermato", "di massa", "convenzionale, comune e dominante").
Primo annuncio di un progetto
Partirà nei prossimi giorni una mia nuova avventura editoriale: si tratta di un libro di cui per ora mi limito ad accennare il sottotitolo.
Ne parlerò spesso nei prossimi cento giorni...
Si tratterà di una campagna di crowdfunding, realizzata grazie a Bookabook editore, e riguarderà gli oggetti che più mi sono cari: i Libri, con tutto quello che contengono, con tutto quello di cui sono fatti.
Mi basti per ora dire che si tratterà, tra le righe, di un atto d’amore, oltre che per i libri e i mondi che rappresentano, per le Librerie Indipendenti, quell'universo vivo ed essenziale fatto di personalità e idee, di tentativi riusciti e di tentativi falliti, di ricerca e disperazione, di commercio e di relazione, di ricerca lungo quelle strade che i grandi gruppi non possono frequentare.
È un mondo in cui quell’estetica Indie di cui parlavo all’inizio non è una moda tra le tante possibili, ma l’unica via che può condurre a una salvezza.
Tutte le altre, quelle mainstream, quelle larghe e comode, sono ben presidiate da potenze più grandi, più forti, più voraci.
Dunque, meno interessanti.