
Il 22 novembre Elon Musk ha fatto la sua ennesima figuraccia, ottenendo, a quanto pare, una risposta ancora una volta entusiasta: presentava al mondo la sua auto resistente a qualunque impatto, con tanto di vetri infrangibili, e quando sui medesimi vetri sono state lanciate palle di metallo per dimostrarne l'infrangibilità, questi si sono infranti (qui troverai una dei tanti articoli sull’evento).
Come certi sogni
Una domenica mattina, mentre passeggiavo per la rete nella mia quotidiana ricerca di notizie, ho trovato questo articolo di Francesco Cancellato: Elon Musk, come si diventa ricchissimi con idee fallimentari, di cui consiglio la lettura, perché fa almeno una considerazione che ho trovato interessante, e della quale ora vi parlerò.
Ha a che fare con il fallimento, e gli errori, e tutto quello che ne consegue. Quest'estate mi sono letto due libri che suggerisco vivamente a tutti quelli che hanno provato a chiedersi se sia possibile inventarsi una forma di pensiero circolare, ovvero capace di riutilizzare i propri scarti.
I libri sono L'arte di sbagliare di Cathryn Shulz (Bompiani Editore) e Il fallimento è rivoluzione di Francesca Corrado (Sperling & Kupfer).
Entrambi sembrano invitarci all'errore, quello "sbagliate di più, sbagliate meglio" che va tanto di moda nelle bocche dei consulenti di qualunque genere, cosa che a mia volta non smetto mai di ripetere durante le mie lezioni e le mie chiacchierate davanti a una birra.
Ora: l'articolo di Cancellato si pone una domanda che mi è parsa interessante: quanto può avere senso continuare a investire su qualcuno che continua a fallire? Non sarò certo io a rispondere, perché a me qui interessano questi due libri, ma è a partire da questa sua domanda che io a mia volta me ne sono fatta un'altra: davvero il problema è e sarà sbagliare di più o di meno, meglio o peggio? Non dobbiamo solo cambiare di un po’ i nostri obiettivi?
In ogni caso sbaglieremo
Il fatto è che volenti o nolenti sbaglieremo sempre e comunque, in ogni caso, spesso: e cosa possiamo fare di quello scarto che chiamiamo errore?
Possiamo buttarlo via, inquinarci, inquinare.
Oppure possiamo farne buon uso, rimetterlo in circolo come utile materia prima, come semilavorato da perfezionare, come strumento di riflessione, come gradino. Possiamo essere circolari, e dunque rispettosi dell'ambiente, in particolare di quell'ambiente che siamo noi, dando valore anche ai nostri errori, ai nostri fallimenti, ai nostri e a quelli altrui.
Visto che non possiamo farne a meno.
La domanda successiva è: come si fa? Ci sto pensando, ci sto pensando da molto tempo, e idee di sicuro mi verranno.
Per ora, in ogni caso, potete cominciare a leggere questi due libri che, tra le altre cose, sono pieni di storie.
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